MySpace e Facebook perdono visitatori: è finita la festa?


"Settembre non è stato un mese esaltante per i siti di social networking, in particolar modo per due big come MySpace e Facebook.
Secondo le stime di Nielsen, MySpace ha perso un paio di milioni di
contatti rispetto al mese precedente (da 49,2 a 47,2 milioni), mentre
Facebook è scivolata del dodici per cento (da 8,9 a 7,8 milioni)." scrive Luca Castelli ne La Stampa Web il 27 ottobre 2006

"Una
frenata in parte fisiologica, dovuta al rientro dalle vacanze degli
studenti, che trascorrendo le giornate a scuola non possono più
collegarsi ai siti con la frequenza dell’estate. Ma anche l’ultima
tappa di un trend al ribasso che dura ormai da diversi mesi, sebbene
per ora non comporti tanto un crollo delle visite quanto una robusta
frenata della loro crescita.

Secondo i canoni del mondo
analogico, MySpace e Facebook sono realtà ancora piuttosto giovani.
MySpace risale al luglio del 2003, Facebook all’inizio del 2004. Su
Internet, tuttavia, i parametri sono differenti. I due servizi sono
ormai consolidati, maturi, per certi versi addirittura più longevi
della media (proprio in questi giorni si è registrato l’ultimo funerale
eccellente del Web: quello di Odeo, uno tra i maggiori portali di
podcasting, defunto all’imberbe età di quindici mesi).

La
concorrenza è forte. Il desiderio di novità è implacabile. E’ difficile
stare a galla per molto tempo, a maggior ragione in un settore dinamico
come quello delle reti sociali e della comunicazione interpersonale. Ne
sanno qualcosa gli innumerevoli servizi di chat e instant messaging che
si sono succeduti negli ultimi anni (a cominciare da Icq, un tempo
leader, oggi praticamente clandestino).

Ne sa qualcosa anche Friendster,
il MySpace di due anni fa, in declino irriversibile. E di quanto sia
complicato questo settore ne è consapevole persino l’onnipotente
Google, che in genere non sbaglia un colpo e invece con il suo sito di
social networking Orkut ha raccolto davvero pochi risultati (se si
esclude la curiosa anomalia del Brasile, dove il servizio ha avuto un
successo fenomenale).

Paradossalmente, a raffreddare gli
entusiasmi attorno a MySpace e Facebook non sarebbe però un calo di
popolarità dovuto all’età dei due siti. Soprattutto nel caso di MySpace
sarebbe invece proprio l’eccessivo successo, generatore di un effetto
boomerang sotto forma di difficoltà di navigazione e fastidiosi spam e
messaggi pubblicitari.

“E’ vero che è necessario raggiungere una certa massa critica di utenti per far funzionare questi siti”, scrive Vauhini Vara sul Wall Street Journal,
“ma è anche vero che alla fine troppi utenti finiscono per creare un
effetto alienante, soprattutto quando iniziano ad attrarre una
dilagante cacofonia di pubblicità e spam”.

Su MySpace, lo spam
ha aggredito proprio la sua prerogativa vincente: la “richiesta di
amicizia”. Ogni utente del servizio può chiedere di diventare amico di
un altro utente, creando dei link tra i diversi profili. In genere,
avere un numero maggiore di amici (soprattutto se famosi) è considerato
un segno di stima e prestigio.

Il problema è che le “richieste
di amicizia” genuine sono ormai sempre più annacquate dai messaggi
pubblicitari. Ci sono i siti a luci rosse, che creano profili di
ragazze immaginarie, adeguatamente discinte e molto attive a cercare
amici. E ci sono software, in vendita su Internet a 20 dollari, che
permettono di mandare migliaia di richieste in automatico e che in
genere vengono utilizzati per diffondere messaggi promozionali.

La
vita su MySpace diventa sempre più difficile. Sia per Mario Rossi che
per le star della musica. La cantante Imogen Heap, che proprio al
passaparola di MySpace deve una considerevole parte del suo successo,
ha ammesso in una recente intervista di aver assunto una persona che si
occupa di smistare le centinaia di richieste di link che riceve
quotidianamente.

Per Facebook, il declino sembra invece legato
ad alcune decisioni dei gestori del sito. Su tutte, quella di aprire
l’accesso a chiunque (fino a pochi mesi fa, il servizio era riservato
esclusivamente agli studenti di college americani). Una scelta che non
ha fatto contenti gli utenti di lungo corso e per ora non ha portato
particolari benefici di popolarità.

Protagoniste del cosiddetto “web 2.0”,
le social community online adesso si trovano alle prese con i dilemmi
legati al passaggio alla fase tre. Non devono più aumentare le proprie
dimensioni: la “massa critica” citata dal Wall Street Journal è già
stata ampiamente raggiunta. Ma devono riuscire a trattenere i propri
utenti e – soprattutto – a trovare il modo di monetizzarli.

MySpace, che dall’estate scorsa è controllata da Rupert Murdoch, sta flirtando da tempo con Google,
con cui ha stretto un accordo pubblicitario da 900 milioni di dollari,
che potrebbe essere presto allargato ad ulteriori collaborazioni di
natura commerciale. Facebook, per conto suo, ha ceduto l’esclusiva dei
banner al servizio di advertising di Microsoft.

I
prossimi mesi saranno decisivi. Per capire se la pubblicità può davvero
rivelarsi una risorsa concreta e duratura per garantire la
sostenibilità economica dei network. E per valutare se il pubblico –
soprattutto quello più giovane – confermerà il proprio innamoramento
per questo tipo di siti o si sposterà alla ricerca di qualche altra
nuova emozione.